Introduzione
La malattia di Parkinson è una malattia del sistema nervoso centrale, descritta per la prima volta nel 1817 da James Parkinson, un medico britannico che pubblicò un saggio su quella che egli denominava “paralisi agitante”. Negli anni si è scoperto che i circuiti nervosi interessati nella malattia e facenti parte del “Sistema Extrapiramidale”, possono danneggiarsi secondo modalità differenti ed assumere forme con caratteristiche cliniche e prognostiche diverse dalla malattia originaria, pur mantenendone una radice comune. Si parla in questi casi di Parkinsonismi. Si tratta in parte di un gruppo di patologie degenerative da causa sconosciuta (Parkinsonismi Primari Atipici), che forme secondarie (Parkinsonismi Secondari) ad altre patologie, di cui le più frequenti sono il parkinsonismo Vascolare, Farmacologico e da Idrocefalo Normoteso. Studi anatomopatologici di varie fonti concordano che una percentuale variabile dal 20% (Fhan S.2016) al 35% (Schrag A. 2002) di presunti Parkinson siano in realtà dei Parkinsonismi Atipici, per lo più non rispondenti alla terapia canonica con L-DOPA e con prognosi più infausta. La degenerazione a livello “sostanza nera” delle cellule nervose produttrici di dopamina, un importante neurotrasmettitore che gioca un ruolo centrale nella regolazione dei movimenti è l’alterazione anatomica principale riscontrata nel Parkinson. Nella maggioranza dei casi questa degenerazione non ha una causa nota. La combinazione probabilmente di fattori costituzionali ed ambientali ne favoriscono lo sviluppo. I sintomi motorii della malattia si manifestano con la perdita di oltre il 60% delle cellule nervose produttrici di dopamina ed di essi 6 (tremore a riposo, rigidità, rallentamento dei movimenti, disturbo dell’equilibrio, postura curva, disturbo del cammino) sono considerati i sintomi cardinali, due almeno dei quali devono essere presenti per la diagnosi. Nel tempo con un approfondimento delle conoscenze sulla malattia ed il miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti ad opera delle moderne terapie, sono emerse problematiche inerenti soprattutto l’ambito dei sintomi non motorii riguardanti la sfera cognitivo-comportamentale. Questi vanno dai disturbi dell’umore, dipendenze (per lo più gioco d’azzardo e compulsione alle spese od al sesso) fino a forme di demenza e costituiscono un carico assistenziale emergente che dovrà essere affrontato con competenze specifiche (Fahn S. 2016). Secondo dati forniti dal Ministero della Salute, si stima che in Italia le persone affette da Parkinson siano circa 230.000 (0,38% della popolazione, 380 casi per 100.000 abitanti); la prevalenza della malattia è pari all’ 1-2% della popolazione sopra i 60 anni ed al 3-5% della popolazione sopra gli 85 anni. L’incidenza della malattia va aumentando ed è molto variabile a seconda delle statistiche mondiali e si attesta intorno a 5-24 nuovi casi per 100.000 per anno. Si prevede che per il 2030, vista la tendenza all’invecchiamento della popolazione, il numero dei casi sarà raddoppiato. Inoltre considerando insieme il Morbo di Parkinson ed i parkinsonismi, la stima epidemiologica dovrebbe essere aumentata del 20-30%. L’età media di comparsa dei sintomi è intorno ai 60 anni, ma il 5% può presentare un esordio anche prima dei 50 anni. Secondo studi condotti in Europa e negli USA la malattia colpisce le persona di sesso maschile con una frequenza superiore di 1,5-2 rispetto alle donne. Trattandosi di una patologia degenerativa essa peggiora con il tempo. Prima della introduzione della L-DOPA il Parkinson causava grave disabilità o morte in un quarto dei pazienti entro i primi 5 anni dall’esordio e nel 90% circa a 15 anni. Con l’avvento delle terapie la mortalità si è ridotta di circa il 50% e la longevità si è estesa (Fahn S. 2016). Poiché nel contempo sono tuttavia migliorate le condizioni di vita generali, resta ancora dibattuto se la riduzione di mortalità sia dovuta realmente alla terapia specifica; essa comunque si è tradotta in un miglioramento della qualità della vita (Poewe W. 1999). In ogni caso a 15 anni la maggior parte presenta gravi disabilità correlabili soprattutto all’instabilità posturale con il rischio di cadute, la disfagia con il rischio di polmoniti “ab ingestis”; l’immobilità con il rischio decubiti ed il frequente decadimento cognitivo (Fahn S. 2016). La causa più comune di decesso è la polmonite “ab ingestis” (Morgante L. 2000; Wermuth L.1995). Si individuano pertanto V stadi evolutivi della malattia Hohen and Yahr (1967) (Fahn S. 2016) che vanno considerati per il calcolo dei carico assistenziale del paziente e caregiver:
- Stadio 1: Interessamento Unilaterale
- Stadio 1,5: Interessamento Unilaterale ed Assiale
- Stadio 2,0: Interessamento Bilaterale
- Stadio 2,5: Interssamento Bilaterale con iniziale alterazione dei riflessi posturali
- Stadio 3,0: Interessamento Bilaterale con alterazione moderata dei riflessi di posturali e necessità di appoggio monolaterale (bastone o stampella) per il cammino
- Stadio 4,0: interessamento Bilaterale con grave alterazione dei riflessi posturali e necessità di appoggio bilaterale (deambulatore) per il cammino
- Stadio 5,0: Interessamento Bilaterale con assenza dei riflessi posturali ed incapacità a deambulare (paziente in carrozzina)
Cause
La degenerazione a livello della cosiddetta “sostanza nera” delle cellule nervose produttrici di dopamina, un importante neurotrasmettitore che gioca un ruolo centrale nella regolazione dei movimenti è l’alterazione anatomica principale riscontrata nel Parkinson. Nella maggioranza dei casi questa degenerazione non ha una causa nota. La combinazione probabilmente di fattori costituzionali ed ambientali ne favoriscono lo sviluppo. L’età è di certo un importante fattore di rischio; la malattia tende infatti ad aumentare con il passare degli anni. L’Ipotesi Genetica spiega la malattia solo il 5% dei casi di Parkinson. Attualmente si conoscono 18 forme di Parkinson genetico delle quali almeno 6 possono essere riscontrate in Italia (PARK1-4:gene SCNA; PARK2: gene PRKN; PARK6: gene PINK-1; PARK7:gene DJ-1; PARK8: gene LRRK2; Glucocerebrosidasi: Gene GBA) Tossici, Pesticidi, Farmaci: agli inizi degli anni ottanta si è scoperto che un narcotico sintetico (MPTP), assunto da alcuni tossicodipendenti californiani, era in grado di indurre una sindrome simile al morbo di Parkinson. Nel tempo si è visto che anche l’esposizione lavorativa ai pesticidi (es.Paraquat), alla trielina, ai metalli pesanti, monossido di carbonio o la presenza di industrie chimiche sul territorio sono fattori di rischio. Infine alcuni farmaci usati cronicamente soprattutto in psichiatria, detti neurolettici possono bloccare la dopamina e produrre un parkinsonismo farmacologico. Ipotesi Virale: ha preso avvio dall’esplosione di casi di parkinsonismo post-encefalitico verificatesi tra il 1917 e 1928 a seguito della pandemia influenzale denominata “spagnola”. Traumi cranici: precedenti sono stati associati talora ad un maggior rischio di Parkinson. A riguardo tuttavia ci sono pochi studi. Più probabile è che siano responsabili traumi ripetuti come nei pugili.
Sintomi
I sintomi si manifestano con la perdita di oltre il 60% delle cellule nervose produttrici di dopamina. Si considerano importanti per la diagnosi la presenza di almeno due dei sintomi cardinali sottostanti, di essi i primi tre costituiscono la Triade Classica, descritta da Parkinson: Tremore a riposo (cioè non durante l’uso) di alcune parti del corpo (es. una mano, un piede) con una frequenza di 4-5 oscillazioni al secondo Rigidità muscolare (legata ad un aumento involontario del tono muscolare) che rende difficile o impossibile una serie di movimenti, quali alzarsi da una poltrona. Può colpire gli arti, ma anche il collo o il tronco Bradicinesia, ovvero rallentamento progressivo e importante dei movimenti. A questo sintomo ne sono correlati altri tipici della malattia come la modificazione della scrittura che diventa a caratteri piccolissimi (micrografia), la salivazione importante (scialorrea), la perdita di espressione del volto (facies figée) Instabilità posturale con perdita dell’equilibrio soprattutto quando si indietreggia od alzandosi da una sedia Postura curva delle estremità o del tronco (Camptocormia) “Freezing-Festinazione” della marcia: andatura con esitazione (freezing) nel compiere i primi passi, quando ci si gira, attraverso strettoie e quando ci si deve arrestare con tendenza ad accelerazione a piccoli passi (festinazione), inclinandosi in avanti nel tentativo di superare il disturbo.
Il decalogo dei sintomi da non trascurare
Ci sono dei piccoli segnali che si manifestano anche molti anni prima della comparsa della malattia. Spesso è difficile accorgersene; anche i medici tendono a non dare il giusto peso a questi fenomeni. Qui sotto sono elencati dieci sintomi che, specie se associati, non andrebbero trascurati ed indurre le persone ad effettuare un controllo neurologico. Iniziare prima le cure può far guadagnare tempo.
- Perdita dell’olfatto: molti pazienti parkinsonismi riferiscono una modificazione o perdita dell’olfatto comparsa anche alcuni anni prima della malattia
- Disturbo del sonno: i più caratteristici sono il disturbo del sonno REM (RBD) con sogni vividi e recitati, la sindrome delle gambe senza riposo (RLS) e le apnee
- Stipsi e problemi della vescica: sono i più difficili da interpretare anche perché presenti in altre condizioni
- La mancanza di espressione facciale: è dovuta a lentezza nel sorridere e nella chiusura delle palpebre. Lo sguardo può apparire più fisso
- Dolore al collo persistente: la durata protratta è l’elemento da non trascurare; può associarsi a flessione del collo in avanti
- Scrittura lenta e piccola: la scrittura del parkinsoniano generalmente tende a rimpicciolirsi o ad essere preferibilmente in stampatello
- Cambiamenti del tono della voce e parola: la voce si fa più flebile e monotona, talora c’è balbuzie
- Braccia che non oscillano liberamente: si evidenzia durante il cammino, per lo più da un lato
- Eccessiva sudorazione: soprattutto grassa al cuoio capelluto, associato a dermatite seborroica
- Cambiamenti di umore e difficoltà di programmazione: sintomi depressivi, apatia, difficoltà di attenzione o maggiore ansia nel programmare le proprie attività possono associarsi alle fasi iniziali di un Parkinson. A volte ci può essere un cambiamento del carattere